Tiziano Vecellio
Biografia di Tiziano Vecellio.
(1488/90 - 1576)
"Tiziano veramente è stato il più eccellente di quanti hanno dipinto: poiché i suoi pennelli sempre partorivano espressioni di vita" (Marco Boschini, 1674).
Nato a Pieve di Cadore, in provincia di Belluno, fra le montagne del Cadore, tra il 1488 e il 1490, Tiziano Vecellio appartiene ad un'antica famiglia del piccolo centro alpino. Uomo estroverso, instancabile lavoratore, Tiziano attende alle sue opere senza mai avere sosta. La sua carriera è trionfale, la vita di lunga durata, se è vero che la morte sopraggiunge quando il pittore ha già da un po' superato l'incredibile età di ottant'anni.
Ancora molto giovane, egli abbandona la "magnifica comunità cadorina" per ricevere un'adeguata istruzione pittorica. Giunge così a Venezia, ove i sui primi maestri sono Gentile e Giovanni Bellini.
Tra il 1508 e il 1509, è al fianco del pittore Giorgione nella realizzazione del Fondaco dei Tedeschi. Solo un anno più tardi, la sua fama è già consolidata e riceve commissioni importanti, quali la Pala di san Marco e di Santa Maria della Salute. Nel 1511 affresca la Scuola del Santo a Padova. Ottenuta dal Consiglio dei Dieci una rendita ufficiale, destinata ai pittori migliori, nel 1533 diventa pittore ufficiale della Repubblica di Venezia. La sua attività è frenetica: egli accetta molte commissioni da parte della nobiltà contemporanea, realizzando parecchie opere a soggetto profano.
Nel 1516 Alfonso I d'Este richiede i suoi servigi e nel 1518 gli commissiona la decorazione del "camerino d'alabastro". Tra il 1519 e il 1526 dipinge la Pala Pesaro per i Frari, e il Polittico Averoldi per la chiesa bresciana dei Santi Nazaro e Celso.
Ormai osannato come il più celebre pittore del tempo, Tiziano è conteso tra le corti italiane: lavora a Mantova per i Gonzaga e ad Urbino per i duchi. Nel 1542 ha inizio la sua collaborazione con papa Paolo III e con la sua famiglia; ben presto si trasferisce a Roma e qui rimane fino al 1546. Nel contempo, la sua apprezzata attività di ritrattista procede ed egli ha l'occasione di ritrarre Carlo V durante la sua incoronazione nel 1530. L'imperatore e suo figlio Filippo II, futuro re di Spagna, ne fanno il loro pittore prediletto. Tiziano lavora per anni al servizio della famiglia asburgica. Muore il 27 agosto del 1576, mentre infuria la peste, lasciando incompiuta l'opera che avrebbe desiderato venisse posta sulla sua tomba: la "Pietà".
L'Opera di Tiziano Vecellio
Il periodo giovanile
La prima opera importante di Tiziano è la collaborazione con Giorgione per gli affreschi del Fondaco dei Tedeschi. Giorgione dipinge la facciata sul Canal Grande, mentre l'allievo quella laterale. Ormai perduta, eccezion fatta per qualche frammento, è certo che l'opera mostrasse già alcune significative differenze tra i due artisti. L'arte di Tiziano, nei primi anni di attività, è ovviamente pervasa da un certo giorgionismo, eppure è già possibile ravvisare il carattere individuale dell'artista. Ne è un esempio "Il Concerto" del 1510, dapprima attribuito a Giorgione poi a Tiziano e infine riconosciuto come un'opera sulla quale entrambi hanno lavorato. Le due figure laterali, infatti, meditative e assorte, esprimono appieno l'indole pittorica di Giorgione, mentre la figura al centro con il gesto subitaneo di girare il capo ha una vitalità tutta tizianesca.
Le opere successive del pittore percorrono rapidamente la strada dell'emancipazione dal maestro. Nella tavola con "San Marco in trono fra i Santi Cosma, Damiano, Rocco e Sebastiano" nella Chiesa di Santa Maria della Salute, l'idea del trono rialzato è mutuata dalla "Pala di Castelfranco" di Giorgione", ma la vivezza dei colori, il contrasto della figura del Santo sullo sfondo di nubi rendono la momentaneità della vita e dimostrano il temperamento del Tiziano. Questa stessa vitalità emerge dai "Miracoli di Sant'Antonio", si pensi a "La donna pugnalata dal marito" dove l'azione dell'omicidio è consumata in primo piano, nell'immediatezza del gesto crudo, mentre il marito supplicante ai piedi del Santo è piccolo, in secondo piano.
Il distacco definitivo dal maestro avviene con "L'Assunta" della Chiesa di Santa Maria Gloriosa dei Frari, opera talmente rivoluzionaria da essere inizialmente rifiutata dai francescani, convintisi solo dopo l'interessamento alla tavola di un altro acquirente.
Tiziano all'epoca (1516-1518) dimostra di conoscere l'opera romana di Michelangelo e Raffaello. Prendendo come esempio "La Trasfigurazione" di Raffaello (coeva a "L'Assunta") spicca una certa comunanza di intenti nella disposizione delle figure, ma i colori di Tiziano hanno maggiore contrasto tonale e una forte alternanza di luce e ombra. L'opera è stata accusata di teatralità, ma questa è una caratteristica funzionale allo scopo. La tavola è destinata ad una chiesa ed è certo che Tiziano si voglia rivolgere alla totalità di fedeli che comprende religiosi, nobili, ma anche il popolo. L'ampiezza dei gesti, la forza dei colori, la pennellata densa sono necessari a definire l'immagine dell'assunzione davanti agli occhi di tutti, anche di coloro che sono più distanti.
L'Opera di Tiziano Vecellio
La maturità
Dopo "L'Assunta" i committenti di Tiziano sono sempre più numerosi, il suo lavoro è incredibile, il numero delle opere è stimato intorno ai 500 pezzi, che arrivano a 600 se si considerano quelli persi. E' impossibile rendere ragione di una tale complessità di materiale, che peraltro solo in rari casi è inferiore alla grandezza consueta del Maestro. Prendere ad esempio alcune opere rappresentative basta appena a definire la grandezza dell'artista.
A partire dal 1518 per Alfonso I d'Este, Tiziano decora il "camerino d'alabastro", studio privato del Duca. Ne fanno parte l' "Offerta a Venere", il "Baccanale" e il "Trionfo di Bacco e Arianna". I soggetti mitologici sono di matrice classica, così come le pose plastiche mutuate dalla statuaria antica, ma Tiziano rinnova il genere con la sensualità delle forme, i colori brillanti e densi e l'elemento naturalistico tipico veneziano. Sempre nel 1519, il pittore riceve un incarico sempre per la Chiesa dei Frari, questa volta da un privato, il vescovo Jacopo Pesaro, proprietario di un altare laterale. Si tratta della "Pala Pesaro" che celebra la famiglia committente, vi sono ritratti il vescovo e i parenti (tra cui spicca il nipote Leonardo) introdotti al cospetto di Maria. Dopo gli anni Venti Tiziano entra in contatto con molte corti italiane. Dipinge per i duchi di Urbino. Tra le tele spicca la splendida "Venere di Urbino" (1537-38). Forte è il ricordo della Venere di Giorgione. Laddove la donna di Giorgione dorme sognante in un paesaggio campestre, la figura di Tiziano è nella sua stanza da letto, distesa con un cagnolino ai piedi in attesa di vestirsi. La pittura è, in entrambi i casi, tonale, ma Tiziano usa colori più vividi e realistici, che si esaltano reciprocamente.
Celebre e presa ad esempio negli anni a venire, la "Venere di Urbino" ispira al Maestro altri capolavori. Del 1548 è la tela "Venere, Amore e organista", del 1553-54 l'impareggiabile "Danae". Quest'ultima è quasi una variazione sul tema della bellezza femminile. Al di fuori di ogni pregiudizio derivante dai dettami religiosi (la donna nuda aspetta serena Giove in forma di pioggia d'oro che la feconderà), l'opera è, come lo stesso autore la definisce, una vera e propria poesia.
L'Opera di Tiziano Vecellio
I ritratti
Tiziano è pittore celebre e ricercato dai committenti, non solo per le sue opere a soggetto religioso e profano ma anche per i ritratti. Così come Raffaello, la capacità di Tiziano di riprodurre sulla tela le caratteristiche psicologiche del soggetto rappresentato è incredibilmente efficace.
E' il caso della tela dedicata al cardinale Pietro Bembo, nella quale il contraltare di appena tre colori: rosso, nero, bianco e le sue sfumature, rende ragione della dignità, del portamento e del ruolo sociale del protagonista. Lo stesso dicasi per l' "Allocuzione di Alfonso d'Avalos" nella quale il ruolo del governatore di Milano è reso dal gesto classico del dito proteso, tipico dell'oratoria antica. Altro esempio è il ritratto dell'amico di Tiziano "Pietro Aretino" (che rifiuta l'opera, a tela ultimata) perfetta espressione del carattere passionale e sanguigno del "flagello dei principi".
Nell'ottobre del 1545, quando il Maestro ha già realizzato alcune opere per la famiglia papale dei Farnese, riceve alcune commissioni, fra le quali la tela "Paolo III con i nipoti Alessandro e Ottavio Farnese". Lo spunto è il "Leone X" di Raffaello, l'analisi psicologica lucida e spietata di Tiziano è molto sofisticata. Il Papa anziano, curvo per gli anni, ma avvezzo alle scorrettezze politiche e ancora avvinto al soglio pontificio, e dunque al potere, con il braccio serrato, il nipote Ottavio in posizione quasi strisciante, sicuramente ambigua e adulante. La tela è espressione di quella spregiudicata politica nepotista messa in atto da Paolo III.
Nel 1530 Tiziano incontra e ritrae per la prima volta Carlo V. Suo pittore prediletto (si narra addirittura che Carlo V si chinasse a raccogliere i pennelli caduti di mano al Maestro) Tiziano realizza per lui e la sua famiglia numerose opere. Il "Carlo V a Cavallo" nella quale è evidente la tradizione classica del Marco Aurelio a cavallo, attribuendo a Carlo le qualità di "miles christianus" codificate da Erasmo da Rotterdam e messe in pittura da Durer. Al novero di ritratti realizzati dal pittore si aggiunge un cospicuo numero di autoritratti che suggeriscono molto della sua indole. Dipinti semplicemente per soddisfare l'impulso di dipingere e di indagare nel proprio animo, gli autoritratti non hanno un committente e sono una pura espressione artistica di libertà.
Le opere tarde
Il più tardo collaboratore di Tiziano è Palma il Giovane, che dell'opera del maestro dà una definizione interessante. "Il condimento degli ultimi ritocchi era andar di quando in quando unendo con sfregazzi delle dita negli estremi de' chiari, avvicinandosi alle mezze tinte, ed unendo una tinta con l'altra". Questa caratteristica di pittura a macchie di colore è evidente ne "L'incoronazione di spine" del 1570 (dunque quasi trent'anni dopo un'opera di medesimo soggetto). I volumi e le forme sembrano sfaldarsi, qualcuno ha inteso in questo una suggestione proveniente dal Tintoretto. E' possibile che Tiziano sia attento, nonostante l'età, alle novità che lo circondano, al Manierismo per esempio, ma la sua posizione è comunque individuale. Prima di morire il pittore attende insieme al discepolo Palama il Giovane alla "Pietà", rimasta incompiuta.