Sentiero geologico del Monte Cavallino (m 2689 slm)
L'itinerario attraversa un interessantissimo ambiente dal punto di vista geologico, meraviglioso per i paesaggi osservati. Attraverso la Val Digon si raggiunge in auto la malga di Silvella 1827 m. Da qui si sale a piedi lungola strada, ormai solo pedonale, che conduce alla casèra di Rigoiéto 2080 m, si imbocca il sentiero segn. 146 fin quasi alla base della pala di Ciuzes, da qui si attraversa verso destra per raggiungere il panoramico crinale erboso che discende dalla cima del monte Cavallino. Percorrendo il crinale ci si innalza velocemente e si scorge verso destra la traccia sul versante ghiaioso, ivi proseguendo si raggiunge in breve la forcella Cavallino 2453 m. (ore 1,30). Dalla forcella Cavallino seguendo il sentiero su ghiaione verso NO, segn. 403-160, poi imboccando la evidentissima cengia caratterizzante il versante meridionale della montagna (tratto esposto attrezzato con corde metalliche che richiede, per i meno esperti, di procedere in sicurezza), si raggiunge in breve il pianoro sommitale del monte Cavallino 2689 m e da qui in breve alla vetta ove è posizionata da oltre 30 anni la croce Europa, simbolo di pace fra i popoli (ca. 1 ora dalla forcella). E' grandioso il panorama dalla vetta, che è la più alta della catena di confine fra la Val Comelico e l'Ost Tirol. Per i meno allenati, in alternativa alla salita sul monte Cavallino, dalla forcella Cavallino si può scendere sul versante Austriaco lungo la carrareccia fino al sottostante piccolo rifugio - Filmoor 2350 m, Günther il gestore, parla benissimo l'italiano. Il rientro: dalla forcella Cavallino, si discende il primo tratto lungo il sentiero ghiaioso segn. 145, poco prima della parte erbosa, si scende a sinistra una ripida e breve traccia in direzione di un grande masso di pietra bianca, il marmo del monte Cavallino, questo grande masso nasconde una particolarità artistica, un vero e proprio cavallino scolpito nel 1770 da uno scultore rimasto ignoto. Proseguendo lungo il sentiero segn. 145 si scende fino alla malga Pian Formaggio 1802 m da qui percorrendo una comoda strada boschiva si raggiunge malga Silvella.
La geologia
Lungo il primo tratto nei dintorni di malga Silvella, affiorano le filladi di colore grigio scuro dalle caratteristiche lenti di selce bianca, sommerse dalle alluvioni detritiche formate dapprima da ghiaie grossolane cementate intensamente a formare un conglomerato (Formazione del conglomerato di Sesto). A Casera Rigoiéto, entro le filladi, si rinviene un nucleo (laccolite) di un'antico granito anch'esso trasformato per metamorfismo in un'altra roccia denominata gneiss. Esso è facilmente riconoscibile per il suo colore biancastro ed è visibile nei grandi massi che fiancheggiano la pista forestale. In questo caso l'antico magma è solidificato lentamente in profondità. Poco oltre, invece, lungo la dorsale che scende dal M. Cavallino, si incontrano livelli rocciosi formati dal medesimo magma solidificato però in superficie, dopo l'effusione, formando così dei porfidi. Anch'essi si sono metamorfosati e vengono denominati "porfiroidi del Comelico". Si riconoscono per il colore scuro, per l'aspetto compatto, e per gli evidenti cristalli di quarzo lucente. Per tutta la salita si può ammirare le bianche creste dei monti Cavallino e Cavallatto che sovrastano, con grande contrasto cromatico, le scure rocce filladiche e i porfiroidi. Si tratta di antichi calcari di circa 400 milioni di anni fa trasformati per metamorfismo in marmi. Osservati da vicino presentano un aspetto granulare e con venature che disegnano incredibili volute e minutissime pieghettature. Il contatto con le filladi sottostanti non segue la successione normale, ma avviene per faglia. Queste masse compatte di marmo, infatti, hanno subito notevoli spostamenti durante le fasi di formazione della catena alpina, a partire da "appena" 40 milioni di anni fa. Il sentiero consente belle vedute sulla catena del monte Popèra, sul versante est della Costa della Spina e sulle sue valli glaciali ben evidenti a monte di 2000-2100 m di altitudine. A questa quota, infatti, durante l'ultima epoca glaciale, i piccoli ghiacciai che le hanno scavate confluivano in quello principale che scendeva la Val Digon.